Il metodo delle onde superficiali attive (anche detto S.W.M. – Surface Wave Method) è un metodo di caratterizzazione sismica basato sull’analisi della dispersione geometrica delle onde superficiali (onde di Rayleigh).
Il risultato è un profilo verticale delle velocità delle onde di taglio nel terreno ed una stima del modulo di rigidezza al taglio dinamico (G0) in funzione della profondità. Il profilo di Vs, a differenza dei metodi di indagine basati sulla propagazione delle onde di compressione P, permette di indagare anche mezzi saturi.
Il metodo di indagine è anche conosciuto comunemente e impropriamente come MASW (multichannel analysis of surface waves)
L’indagine sismica per onde superficiali restituisce:
La risoluzione laterale è circa pari ad una lunghezza d’onda, il cui valore decresce con l’aumento della profondità.
La massima profondità che si riesce a raggiungere con un’indagine per onde superficiali è funzione della massima lunghezza d’onda che si riesce ad estrarre dallo spettro del segnale acquisito. Per esperienza, questa è circa 0.4 volte la massima lunghezza d’onda. La lunghezza d’onda è a sua volta funzione delle caratteristiche di sito e pertanto non determinabile a priori. Esistono tuttavia criteri di progetto, descritti nei capitoli successivi, che suggeriscono la lunghezza dello stendimento, la spaziatura intergeofonica e di conseguenza il numero di geofoni ottimali.
La strumentazione utilizzata da Gamut per l’acquisizione dei dati è la seguente:
I codici utilizzati per il trattamento e l’interpretazione dei dati sono codici non commerciali sviluppati da Gamut.
LAND STREAMER
In caso di acquisizioni secondo profili molto lunghi, in cui è necessario spostare molte volte l’array di geofoni per ottener più acquisizioni affiancare, non è sostenibile l’impiego di strumentazione classica, in cui bisogna vincolare al suolo ogni singolo geofono. L’indagine sismica tradizionale richiede tempi per la posa ed il cablaggio dei geofoni sovente maggiori del tempo netto necessario per la sola acquisizione.
Per queste situazioni, Gamut dispone di un landstramer trainabile da veicolo, su cui si può adattare qualunque tipo di geofono sia ad asse orizzontale che verticale. Il landstreamer è un involucro di materiale plastico che contiene i cavi di collegamento tra geofoni e sismografo, i geofoni stessi e la linea del trigger. Il peso stesso dello strumento garantisce l’accoppiamento meccanico tra sensori e terreno. Lo spostamento della stringa lungo il profilo di indagine avviene per strisciamento.
In sintesi i dati tecnici:
L’acquisizione delle onde superficiali deve essere eseguita con un array di geofoni ad asse verticale, di norma equispaziati, posti lungo una linea retta. I geofoni posso essere posati sia in piano che su pendio, a patto che lungo la linea si evitino variazioni plano-altimetriche quali dossi o avvallamenti. La sorgente deve essere posta esternamente all’array e in linea con esso.
La teoria impone che il sito oggetto di indagine presenti una stratificazione a piani paralleli indefinitamente estesi. Qualora questa approssimazione non fosse possibile a causa di probabili variazioni laterali, è opportuno energizzare da entrambi i capi dello stendimento in modo da estrarre due profili indipendenti di Vs da interpretare separatamente.
Lunghezza dello stendimento
La lunghezza complessiva dello stendimento influisce sulla risoluzione dei numeri d’onda e quindi sulla possibilità di separare il modo fondamentale da quelli superiori. Un secondo aspetto da considerare è la massima lunghezza d’onda osservabile: in teoria non esistono limiti teorici imposti dalla lunghezza dell’array, ma l’utilizzo di stendimenti lunghi riduce l’incertezza sui dati.
Array brevi sono tuttavia meno sensibili alle variazioni laterali, producono un miglior rapporto segnale/rumore e subiscono meno le attenuazioni delle alte frequenze.
Un buon compromesso è una lunghezza dello stendimento di circa 2-3 volte la profondità da indagare.
Il D.M. 14/01/2008 (Norme Tecniche per le Costruzioni) disciplina la progettazione e la costruzione di nuovi edifici soggetti ad azioni sismiche, oltre alla valutazione della sicurezza e degli interventi di adeguamento su edifici esistenti soggetti al medesimo tipo di azioni.
La definizione dell’azione sismica a cui gli edifici sono soggetti è legata alla determinazione di alcuni fattori importanti per l’edificio stesso, tra i quali la classificazione del suolo di fondazione su cui l’edificio verrà costruito.
Vs30 è la velocità media di propagazione entro 30 m di profondità delle onde di taglio e viene calcolata con la seguente espressione:
hi = spessore (in m);
Vi = velocità delle onde di taglio dello strato iesimo, per un totale di N strati presenti nei 30 m superiori;
N = numero di strati.
La normativa, al capitolo 3.2.2, cita:
“Ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto, si rende necessario valutare l’effetto della risposta sismica locale mediante specifiche analisi, come indicato nel § 7.11.3. In assenza di tali analisi, per la definizione dell’azione sismica si può fare riferimento a un approccio semplificato, che si basa sull’individuazione di categorie di sottosuolo di riferimento (Tab. 3.2.II e 3.2.III).
A – Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi caratterizzati da valori di Vs30 superiori a 800 m/s, eventualmente comprendenti in superficie uno strato di alterazione, con spessore massimo pari a 3 m. B – Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fina molto consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero NSPT,30 > 50 nei terreni a grana grossa e cu,30 > 250 kPa nei terreni a grana fina). C – Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fina mediamente consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs30 compresi tra 180 m/s e 360 m/s (ovvero 15 < NSPT,30 < 50 nei terreni a grana grossa e 70 < cu,30 < 250 kPa nei terreni a grana fina). D – Depositi di terreni a grana grossa scarsamente addensati o di terreni a grana fina scarsamente consistenti, con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs30 inferiori a 180 m/s (ovvero NSPT,30 < 15 nei terreni a grana grossa e cu,30 < 70 kPa nei terreni a grana fina). E – Terreni dei sottosuoli di tipo C o D per spessore non superiore a 20 m, posti sul substrato di riferimento (con Vs > 800 m/s). |
Fatta salva la necessità della caratterizzazione geotecnica dei terreni nel volume significativo, ai fini della identificazione della categoria di sottosuolo, la classificazione si effettua in base ai valori della velocità equivalente Vs30 di propagazione delle onde di taglio (definita successivamente) entro i primi 30 m di profondità. Per le fondazioni superficiali, tale profondità è riferita al piano di imposta delle stesse, mentre per le fondazioni su pali è riferita alla testa dei pali. Nel caso di opere di sostegno di terreni naturali, la profondità è riferita alla testa dell’opera. Per muri di sostegno di terrapieni, la profondità è riferita al piano di imposta della fondazione.
La misura diretta della velocità di propagazione delle onde di taglio è fortemente raccomandata. Nei casi in cui tale determinazione non sia disponibile, la classificazione può essere effettuata in base ai valori del numero equivalente di colpi della prova penetrometrica dinamica (Standard Penetration Test) SPT,N 30 […] nei terreni prevalentemente a grana grossa e della resistenza non drenata equivalente cu,30 […] nei terreni prevalentemente a grana fina.
Per queste cinque categorie di sottosuolo, le azioni sismiche sono definite al § 3.2.3 delle presenti norme.
Per sottosuoli appartenenti alle ulteriori categorie S1 ed S2 di seguito indicate (Tab. 3.2.III), è necessario predisporre specifiche analisi per la definizione delle azioni sismiche, particolarmente nei casi in cui la presenza di terreni suscettibili di liquefazione e/o di argille d’elevata sensitività possa comportare fenomeni di collasso del terreno.”
S1 – Depositi di terreni caratterizzati da valori di Vs30 inferiori a 100 m/s (ovvero 10 < cu,30 < 20 kPa), che includono uno strato di almeno 8 m di terreni a grana fina di bassa consistenza, oppure che includono almeno 3 m di torba o di argille altamente organiche. S2 – Depositi di terreni suscettibili di liquefazione, di argille sensitive o qualsiasi altra categoria di sottosuolo non classificabile nei tipi precedenti. |
La velocità di propagazione delle onde di Rayleigh in un semispazio elastico, omogeneo ed isotropo, è indipendente dalla frequenza ed il moto indotto dalla propagazione si smorza rapidamente con la profondità, sino ad estinguersi ad una profondità circa pari ad una lunghezza d’onda. La profondità raggiunta dalla perturbazione dipende dunque dalla lunghezza d’onda e, in mezzi omogenei, [member] a diverse lunghezze d’onda corrisponde un’unica velocità di fase (VR). In un mezzo verticalmente eterogeneo, costituito cioè da strati aventi proprietà meccaniche differenti, il comportamento delle onde superficiali diventa dispersivo: a frequenze diverse corrispondono diverse velocità di fase. Lunghezze d’onda diverse interessano, infatti, strati diversi ai quali sono associate proprietà meccaniche diverse: ogni lunghezza d’onda (e quindi ogni frequenza) si propaga ad una velocità di fase che dipende dalle caratteristiche degli strati interessati dalla propagazione.
Quindi, nel caso di un mezzo eterogeneo, le onde superficiali non hanno una singola velocità, ma diverse velocità di fase in corrispondenza delle diverse frequenze: tale fenomeno, dipendente dalla distribuzione spaziale delle proprietà sismiche del sottosuolo è noto come dispersione geometrica e la relazione che lega la frequenza alla velocità di fase prende il nome di curva di dispersione.
La propagazione delle onde di Rayleigh in un mezzo verticalmente eterogeneo, è un fenomeno multi-modale: data una determinata stratigrafia, in corrispondenza di una certa frequenza, possono esistere diverse velocità di propagazione, ad ognuna delle quali corrisponde un modo di vibrazione del sito. Differenti modi di vibrazione possono esibirsi simultaneamente.
Da un punto di vista teorico per quanto riguarda il modo fondamentale, alle alte frequenze, la velocità di fase coincide con la velocità delle onde di Rayleigh dello strato più superficiale, mentre, alle basse frequenze, l’effetto degli strati più profondi diventa importante e la velocità di fase tende asintoticamente alla velocità di propagazione delle onde di taglio dello strato più profondo come se questo fosse esteso infinitamente in profondità. La curva di dispersione gioca un ruolo centrale nell’utilizzo delle onde di Rayleigh ai fini della caratterizzazione dei terreni, infatti, è funzione delle caratteristiche di rigidezza del mezzo e può essere utilizzata per un processo inverso avente come obiettivo la stima delle caratteristiche di rigidezza stesse.
Attualmente, le tecniche a uno o due ricevitori (si veda ad esempio Nazarian e Stokoe, 1984) possono dirsi definitivamente superate a favore dell’approccio multi-canale che si presenta più robusto ed affidabile per la stima della curva di dispersione (Gabriels et al., 1987; Tselentis and Delis 1998; Park et al., 1999; Foti 2000, Socco e Strobbia 2004). Gli obiettivi dell’acquisizione sono quelli di fornire dati relativi alla propagazione di onde superficiali in una banda di frequenza più ampia possibile poiché ciò consente di ottenere informazioni sulle proprietà degli strati profondi, che influenzano le componenti a bassa frequenza, e di risolvere con adeguata risoluzione gli strati più superficiali, che influenzano in maniera significativa soprattutto le componenti ad alta frequenza. Questo implica la scelta di corretti parametri di acquisizione (nello spazio e nel tempo) atti a permettere un’adeguata risoluzione spettrale nella fase di elaborazione.
Il processo di caratterizzazione basato sul metodo delle onde superficiali, schematizzato in Figura 1, può essere suddiviso in tre fasi:
• Acquisizione;
• Processing;
• Inversione.
Elaborazione dati di onde superficiali
I dati acquisiti, vengono sottoposti ad una fase di processing (elaborazione) che consente di stimare la curva di dispersione caratteristica del sito in oggetto, ovvero la velocità di fase delle onde di Rayleigh in funzione della frequenza. Esistono diverse tecniche di processing per estrarre dai sismogrammi le caratteristiche dispersive del sito (Herrmann, 1973; Nolet e Panza, 1976; McMechan e Yedlin, 1981; Keilis-Borok et al., 1989; Park et al., 1999). La metodologia adottata nel presente lavoro è l’analisi spettrale in dominio f-k (frequenza-numero d’onda) dove i massimi di energia sono associabili alle onde di Rayleigh (Tselentis and Delis, 1998). Gli obiettivi dell’elaborazione dei dati sono quelli di riconoscere gli eventi dispersivi e di estrarli dalla globalità dei dati isolando eventi coerenti in ampi range di frequenza e, possibilmente, riconoscendo diversi eventi associabili a diversi modi di propagazione.
La curva di dispersione ottenuta, viene successivamente utilizzata per un processo di inversione che fornisce come risultato finale il profilo verticale della velocità delle onde di taglio nel terreno e quindi una stima della rigidezza in funzione della profondità. Quindi, le informazioni riguardanti la curva di dispersione sperimentale (associata a un mezzo le cui caratteristiche sono incognite) vengono sfruttate per affrontare il problema inverso della caratterizzazione: se le caratteristiche dispersive del sito possono essere valutate sperimentalmente, allora è possibile valutare le corrispondenti proprietà del terreno. La risoluzione del problema inverso implica la parametrizzazione del modello di sottosuolo assunto, che viene di norma schematizzato come un mezzo elastico a strati piano-paralleli, omogenei ed isotropi, nel quale l’eterogeneità è rappresentata dalla differenziazione delle caratteristiche meccaniche degli strati. Il processo di inversione è iterativo: a partire da un profilo di primo tentativo, costruito sulla base di metodi semplificati, ed eventualmente delle informazioni note a priori riguardo la stratigrafia, il problema diretto viene risolto diverse volte variando i parametri che definiscono il modello. Il processo termina quando viene individuato un insieme di parametri di modello che minimizza la differenza fra il set di dati sperimentali (curva di dispersione misurata) e il set di dati calcolati (curva di dispersione simulata). La procedura può essere condotta con tecniche di ricerca locale (Foti, 2000; Xia et al., 1999; Tselentis and Delis, 1998; Shtivelman, 2004; Gabriels, 1987) o globale (Wathelet et al, 2004; Socco and Boiero, 2008) della soluzione.
Stima della curva di dispersione dai dati attivi
La fase di elaborazione è quella che segue l’acquisizione dei dati grezzi e permette di stimare, a partire dai sismogrammi acquisiti, le caratteristiche dispersive del sito, ovvero la velocità di fase delle onde di Rayleigh in funzione della frequenza del segnale sismico (curva di dispersione sperimentale). I dati vengono trasformati in dominio f-k (frequenza-numero d’onda) tramite una doppia trasformata di Fourier e la curva di dispersione è ricavata con un algoritmo di ricerca dei massimi spettrali (ai quali è associata per l’appunto la propagazione delle onde di Rayleigh). Per ogni frequenza f, il picco spettrale è associato ad un determinato valore del numero d’onda k, da cui è possibile ricavare la velocità di fase delle onde di Rayleigh attraverso la relazione:
L’esecuzione di più registrazioni separate invece della tradizionale procedura di stacking dei dati in acquisizione consente, senza un sensibile incremento dei tempi di acquisizione, di effettuare una serie di controlli statistici sulla qualità dei dati.
Si riportano nel seguito, a titolo di esempio, le varie fasi di elaborazione del dato SWM per il km 16. Nelle figure sottostanti sono riportati dapprima il sismogramma acquisito con energizzazione in x=0 m (Figura 2) e successivamente lo spettro f-k ottenuto dal trattamento delle tracce, evidenziando i massimi spettrali (Figura 3).
Inversione delle curve di dispersione
Come accennato in precedenza, l’inversione è l’ultima delle tre fasi del metodo delle onde superficiali e consente di ottenere, a partire dalla curva di dispersione sperimentale ricavata in sito, un modello stratigrafico di sottosuolo compatibile con i dati misurati.
Il processo di inversione è basato sulla soluzione del problema diretto che, a partire da un set di parametri di modello calcola la curva di dispersione teorica. Il confronto con la curva sperimentale fornisce una funzione di errore che deve essere minimizzata per ottenere un set di parametri di modello compatibile con i dati misurati. Nella scelta dei parametri di modello vengono adottate alcune semplificazioni al fine di ridurre il numero di incognite presenti. Il modello di sottosuolo stratificato è infatti descritto da un set di parametri che comprende la velocità delle onde di taglio Vs, la densità rho, il coefficiente di Poisson ni e lo spessore H di ciascuno strato (Figura 4) ma poiché la soluzione del problema (la curva di dispersione) è scarsamente sensibile alle variazioni del coefficiente di Poisson e della densità dei singoli strati, il processo di inversione viene effettuato considerando come incognite solo la velocità delle onde di taglio (Vs=(G/rho)0.5) e lo spessore H di ciascuno strato. Inoltre, il numero di strati viene scelto con criteri di minima parametrizzazione per evitare di produrre modelli finali affetti da problemi di equivalenza ed indeterminazione.
L’inversione è stata effettuata utilizzando un codice che implementa un algoritmo ai minimi quadrati pesati. Un esempio di profilo ottenuto dall’inversione di dati sperimentali è riportato in Figura 5.
In Figura 6 sono riportate le curve di dispersione sperimentali, relative al profilo di Figura 5 (asterischi bianchi), e le relative curve sintetiche.
Bibliografia essenziale
• Foti, S., 2000 Multistation Methods for Geotechnical Characterization using Surface Waves: Ph. D. thesis, Politecnico di Torino.
• Gabriels, P., R. Snieder, and G. Nolet., 1987, In situ measurements of shear-wave velocity in sediments with higher-mode Rayleigh waves: Geophysical Prospecting, 35, no. 2, 187-196.
• Herrmann, R.B., 1973, Some aspects of band-pass filtering of surface waves: Bulletin of the Seismological Society of America, 63, 663-671.
• McMechan, G.A., and M.J. Yedlin, 1981, Analysis of dispersive wave by wave field transformation: Geophysics, 46, 869-874.
• Nazarian, S., and K.H. Stokoe, 1984, In situ shear wave velocity from spectral analysis of surface waves: Proc 8th Conference on Earthquake engineering – St Francisco, vol. 3, Prentice Hall, pp.31-38.
• Nolet, G., and G.F. Panza, 1976, Array analysis of seismic surface waves: limits and possibilities: Pure and Applied geophysics, 114, 776-790.
• Qin, F., Luo, Y., Olsen, K., Cai, W., and Schuster, G. T., 1992, “Finite-Difference Solution of the Eikonal Equation,” Geophysics, Vol. 57, pp. 478-487.
• Reynolds, J.M., 1995, An Introduction to Applied Geophysics, John Wiley & Sons.
• Sheehan, J., Doll, W., and Mandell, W., 2005, “An Evaluation of Methods and Available Software for Seismic Refraction Tomography Analysis,” Journal of Environmental and Engineering Geophysics, Vol. 10, No. 1, March, pp. 21-3.